Articolo creato il: 21 Settembre 2023

L’insostenibile inaffidabilità delle infrastrutture

L'ultimo aggiornamento di questo post è di 7 mesi fa

Gli articoli di Cassandra Crossing sono sotto licenza CC BY-SA 4.0 | Cassandra Crossing è una rubrica creata da Marco Calamari col "nom de plume" di Cassandra, nata nel 2005.

Un’esperienza di Cassandra di qualche anno fa.

Questo articolo è stato scritto il 3 febbraio 2019 da Cassandra

Cassandra Crossing 432/ L’insostenibile inaffidabilità delle infrastrutture

 Cassandra ha già tediato i suoi 24 lettori con una serie nutrita sull’inaffidabilità del software, sull’inaffidabilità dell’informatica e della telematica nel mondo reale, dove il vero problema è l’aumento continuo e spesso inutile della complessità.

Come dovrebbero essere tutti i ragionamenti sul mondo reale, queste esternazioni partono da fatti apparentemente banali, vissuti da protagonisti “normali”; persino il Manzoni ci racconta “notitia di fatti memorabili, se ben capitorno a gente meccaniche, e di piccol affare”.

A Cassandra capitano spesso in viaggio o durante un’attesa, luoghi dove il tempo non strutturato porta talvolta a meditare, magari un po’ più chiaramente del solito.

Non è stato diverso questa volta. Cassandra era tranquillamente in fila allo sportello dell’agenzia fiorentina di una grande banca, dove desiderava ritirare un po’ del suo sudato contante.

L’attesa non pesava, era resa comoda dai numerosi divanetti, permettendo così di utilizzare il tempo pippolando sul laptop. 
Ma ad un certo punto il lungo silenzio successivo alla scomparsa della persona prima di me nella fila mi fa capire che qualcosa, anche se silenziosamente, non va.
Guardo l’orologio ed erano passati dieci minuti, mentre i divanetti erano tutti affollati di gente speranzosa con il numeretto in mano.

Mi alzo, mi avvicino e chiedo. 
Il cassiere mi informa a bassa voce, come già aveva probabilmente fatto con altri, che “non funzionava niente”.
Mentre rientro tranquillo sul divanetto, non avendo fretta, il cassiere confabula coi suoi pari, quindi annuncia a voce alta che “non ha nessuna notizia da darci”, e che “gli faranno sapere qualcosa tra mezz’ora”.

Sospettando un problema “interessante”, il livello di attenzione di Cassandra passa immediatamente da “standby a basso consumo” a “guerra termonucleare globale”.

Dopo qualche minuto una coppia di vecchietti, che evidentemente aveva un appuntamento per qualche operazione importante, fa presente che venendo da fuori Firenze non possono aspettare ancora, e che quindi vorrebbero fissare un altro appuntamento.
La risposta? “Non possiamo”. Sempre più interessante!
I vecchietti mi precedono di poco chiedendo “Perché?” Tranquilla risposta “Perché non funziona il programma.”

E qui devo prendere in mano la situazione. 
“Mi scusi, ma può dirci cosa sta succedendo?” Risposta sempre più tranquilla “Non lo sappiamo, il centro di calcolo è a Parigi.”
“Ma non avete procedure manuali per le cose che non richiedono computer, come accettare una richiesta di bonifico, prelevare dei contanti o (Dio mi salvi, se c’è!) fissare un appuntamento?” 
Risposta serissima e quasi stupita “No.”

Ora, lo ricordo perfettamente, una volta le banche, come tutti gli uffici che utilizzavano computer, avevano procedure manuali per le cose più importanti e che ne potevano fare a meno, come accettare un foglio di carta con una richiesta di bonifico, aprire il cassetto per darvi un po’ del vostro contante o fissare un appuntamento.
Non lo fanno più; se non c’è “il computer” si sta fermi. E’ un risparmio sull’organizzazione e sulle procedure.

Si, perché tanto i clienti dovranno tornare (incluso Cassandra) e si, potrebbero anche cambiare banca, ma tanto si troverebbero in una situazione equivalente.

La storia continua ma è meno interessante, e termina con una verifica, fatta da Cassandra a metà pomeriggio, quando “E’ ancora tutto giù!”

Adesso i 24 lettori si aspetteranno un commento tecnico e magari divertente sul collasso di una complessa infrastruttura informatica.

Mi dispiace deluderli. 
Infatti non c’è niente di strano che una infrastruttura informatica possa collassare, se il danno è limitato, e soprattutto se è limitato agli utenti finali e riguarda poco il gestore.

Perché centralizzare, anche all’eccesso, conviene. Conviene, per ridurre i costi, da sempre.

Perché la ridondanza e l’alta affidabilità di una infrastruttura costano, e quando tutto funziona non si vedono nei bilanci. Quindi si risparmia. Potendo si taglia.

Tagliare è particolarmente facile, e quindi frequente, quando complesse questioni tecniche nascondono le responsabilità ed ammettono lo “scaricabarile”.

Se l’entità che decide gli investimenti poi è finanziaria (ed una banca lo è per definizione) tutti gli investimenti che generano solo costi e non profitti si tagliano, se leggi, controlli e scappatoie appena appena lo permettono.

Tagliare sull’affidabilità, sulla sicurezza informatica, sulla sicurezza fisica, sulla manutenzione è semplicemente nella natura delle cose, non c’è da stupirsi. Multinazionali e fondi di investimento sono entità non umane, il cui unico, “giusto” e “legittimo” scopo è quello di generare profitti per gli azionisti. 
Senza buone leggi applicate, controlli stringenti e pubblica attenzione queste entità non fanno e non potranno fare mai altro.

Lo fanno sempre, non solo nelle infrastrutture informatiche, ma con qualunque infrastruttura, anche critica.

Lo fanno anche quanto un eccesso di tagli potrebbe addirittura generare conseguenze gravi, si usano le polizze di assicurazione per tutelarsi.

La manutenzione, anche di complesse strutture di cemento ed acciaio evidentemente lesionate, in assenza di doverosi controlli viene rimandata per decenni, mentre le trimestrali volano.

Quando la finanza ha il controllo delle infrastrutture, è naturale che succeda così; ci si può stupire solo per ignoranza, malafede o per tutte e due le cose insieme.

Marco Calamari

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