Dumbo, l’autocensura e il politically correct

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Dumbo, l’autocensura e il politically correct

Gli articoli di Cassandra Crossing sono sotto licenza CC BY-SA 4.0 | Cassandra Crossing è una rubrica creata da Marco Calamari col "nom de plume" di Cassandra, nata nel 2005.

È cambiato qualcosa rispetto al 2021?

Questo articolo è stato scritto il 4 febbraio 2021 da Cassandra

Cassandra Crossing 467/ Dumbo, l’autocensura e il politically correct

Perché sorridere sul bollino rosso di Dumbo e degli Aristogatti è sbagliato.

Cassandra si preoccupa spesso delle questioni tecnologiche e legali, ma è più preoccupata per le questioni legate alla cultura, e ancora di più per condizionamento del comportamento, particolarmente se nascosto o poco evidente.

Ma prima il fatto: la Disney, compagnia nota non solo per la sua dimensione economica e la sua spregiudicatezza finanziaria, ma anche per essere estremamente conservatrice da tutti i punti di vista, ha ritenuto di dover creare, sulla sua piattaforma Disney+, un sistema di segnalazione per la presenza di scene inadatte ai minori, che ha colpito molti dei suoi “classici” dell’animazione, sconsigliandoli ai minori di 7 anni.

Se da una parte siamo abituati a considerare “normale” la censura di contenuti sessualmente connotati o violenti, certamente questo non può riguardare Dumbo, Romeo degli Aristogatti o Mowgli (Il Libro della giungla).

E’ meglio sgombrare subito il terreno da una questione che non si può liquidare con una risata. Da un punto di vista aziendale o finanziario, l’iniziativa della Disney non sarà forse completamente azzeccata ma ha perfettamente senso; particolarmente negli Stati Uniti la “political correctness” è condizione necessaria per mantenere un business ed evitare anche costosissime class action. (Inciso: Cassandra si scusa per aver usato ben cinque parole inglesi nella frase precedente! Non fatelo a casa.)

Quindi dove sta il problema? Sta nell’esistenza di spinte estremiste alla correttezza verso l’ideologia dominante, spinte che non si fanno scrupolo di arrivare alla caccia alle streghe, al revisionismo storico e alla manipolazione mentale. Cassandra è d’accordo con molte di queste posizioni, ma è totalmente in disaccordo su certi metodi con cui si cerca di promuoverle. Parlare seriamente di censurare opere perché, figlie della loro epoca, dicono cose non allineate col pensiero dominante odierno, è revisionismo storico; riscrivere la storia è un’arma di controllo mentale, e per questo, e per altri altrettanto importanti motivi, non è accettabile.

Che sia la censura di un capolavoro cinematografico, oppure il linciaggio di un personaggio pubblico per una frase detta in un’email, queste manifestazioni perverse di “political correctness”, o in altri termini di adeguamento forzato a un’ideologia dominante, non possono essere accettate.

Purtroppo viviamo nuovamente in un mondo dove non solo si accetta la censura, ma addirittura ci si autocensura per paura delle conseguenze; viviamo in un mondo dove questa deriva illiberale non viene percepita appieno, perché non è imposta da una polizia segreta, ma da uno strisciante condizionamento mentale causato principalmente dalle comunità sociali e dalla loro manipolazione.

Ci si autocensura non per paura che uomini in divise anonime sfondino la porta e ti portino via con un sacco infilato sulla testa, ma per paura di perdere popolarità e magari essere linciati sui social. E sia per una multinazionale che per un individuo, non è una bella cosa.

Non fa ridere; è una tragedia per tutti.

Marco Calamari

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